Tenere traccia delle ricevute di pagamento dell’affitto non è semplicemente un’abitudine amministrativa utile: rappresenta un documento indispensabile per tutelare sia il conduttore che il locatore in ordine a eventuali controversie, verifiche fiscali o calcoli relativi al canone versato. Questi documenti attestano in modo certo l’avvenuto versamento dell’importo dovuto per ciascun mese di locazione, indicando data, importo e, talvolta, la causale del pagamento. Senza una conservazione adeguata, il conduttore rischia di trovarsi sprovvisto di prove concrete in caso di contestazioni sull’utilizzo di depositi cauzionali, morosità inspiegate o richieste di arretrati, mentre il locatore non potrà dimostrare l’effettivo incasso dei canoni. Per questo motivo, sapere per quanto tempo conservare le ricevute costituisce un punto fondamentale per una gestione serena dei rapporti contrattuali e per ottemperare agli obblighi di legge relativi alla documentazione fiscale.
Indice
- 1 Quadro normativo e termini di prescrizione per questioni legali
- 2 Obblighi fiscali e verifiche dell’Agenzia delle Entrate
- 3 Conservazione in formato cartaceo e digitale
- 4 Conservazione congiunta di contratti, lettre di fideiussione e quietanze
- 5 Tempistiche di archiviazione consigliate
- 6 Procedure di smaltimento ordinato a termine
- 7 Conclusioni
Quadro normativo e termini di prescrizione per questioni legali
Nel contesto italiano, i rapporti di locazione abitativa sono principalmente regolati dalla legge n. 431/1998, che non stabilisce esplicitamente un tempo per la conservazione delle ricevute di pagamento. Tuttavia, l’articolo 2946 del Codice Civile fissa a dieci anni il termine di prescrizione ordinaria per le azioni che non abbiano un diverso termine stabilito dalla legge. Per spese condominiali o canoni non pagati, il locatore ha dieci anni di tempo per agire legalmente a fronte di mancati versamenti del conduttore. Di conseguenza, dal punto di vista giuridico è prudente conservare le ricevute di pagamento per un periodo non inferiore a dieci anni, poiché potrebbero costituire prova nei giudizi avanti al Giudice di Pace o presso il tribunale ordinario. Qualora vi siano clausole particolari nel contratto di locazione (per esempio un canone indicizzato annualmente in base all’ISTAT), può risultare utile conservare documentazione aggiuntiva, quali gli avvisi di variazione del canone e la corrispondenza tra conduttore e locatore, per il medesimo arco temporale. Se poi il contratto esplode in contenzioso per revoca unilaterale, morosità o richiesta di sfratto, ogni scontrino o ricevuta datata assume valore di prova e potrebbe fare la differenza tra la fondatezza o l’infondatezza delle rispettive pretese.
Obblighi fiscali e verifiche dell’Agenzia delle Entrate
Sul versante fiscale, il locatore che riceve i canoni di locazione è tenuto a dichiarare i redditi derivanti dall’immobile nella propria dichiarazione dei redditi, compilando il quadro relativo ai redditi fondiari o agli immobili dati in locazione. L’Agenzia delle Entrate può avviare una verifica o un accertamento fino al termine del decennio successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ai sensi dell’articolo 43 del DPR n. 600/1973. Salvo casi di frode accertata, il termine ordinario per la verifica è pari a cinque anni (articolo 43, comma 1), prorogato a dieci anni per omessa dichiarazione o dichiarazione infedele (comma 4). Dunque, dal punto di vista fiscale, il locatore dovrebbe conservare le ricevute di pagamento dell’affitto per almeno dieci anni dalla data di emissione di ciascun documento. Allo stesso modo, il conduttore che intende detrarre dall’IRPEF una parte dell’ammontare versato (come nel caso di contratti agevolati o canoni concordati) deve mantenere le ricevute per almeno il quinquennio di decadenza dell’Amministrazione finanziaria, cioè cinque anni dal termine di presentazione del modello Redditi corretto, per garantire la rispondenza tra quanto dichiarato e quanto effettivamente pagato.
Conservazione in formato cartaceo e digitale
Un aspetto pratico riguarda la modalità di archiviazione: benché il cartaceo rimanga ancora un documento di riferimento, l’utilizzo di soluzioni digitali sta prendendo sempre più piede. Chi riceve o emette ricevute in forma cartacea dovrebbe predisporre un raccoglitore dedicato, con divisori che identifichino le annualità di competenza. Questo consente di recuperare rapidamente la ricevuta relativa, per esempio, al mese di settembre 2018 in caso di controlli o contestazioni riguardanti quell’anno. È fondamentale mantenere tutti i pagamenti sequenziali, senza lacune, in modo da poter offrire un resoconto cronologico completo. Se invece si utilizzano ricevute digitali, emesse tramite PEC o con firme elettroniche, è necessario fare backup periodici su disco esterno o su cloud certificati, per evitare il rischio di perdita dei file in caso di guasto del dispositivo. L’Agenzia delle Entrate e la normativa italiana, con riferimento al Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), riconoscono valore legale alle copie informatiche dei documenti sottoscritti con firma elettronica avanzata o qualificata. La cancellazione o il danneggiamento di una ricevuta digitale valida può compromettere la possibilità di provarne l’effettiva emissione e ricezione, quindi è raccomandabile eseguire almeno due copie ridondanti, su due archivi distinti, e assicurarsi dell’integrità periodica dei file.
Conservazione congiunta di contratti, lettre di fideiussione e quietanze
Spesso le ricevute di pagamento rappresentano l’ultima fase di un iter documentale più complesso, che inizia con la sottoscrizione del contratto di locazione, l’eventuale registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, la consegna della cauzione e, talvolta, la presentazione di lettere di fideiussione. Tutto questo materiale legale va tenuto insieme alle ricevute, perché, in caso di contestazione, può diventare determinante dimostrare le condizioni contrattuali effettivamente pattuite e l’importo della caparra restituita. Ad esempio, se un conduttore sostiene di aver già versato un conguaglio del canone, ma non possiede la quietanza, il locatore può verificare con il contratto e i documenti di versamento della cauzione se il conteggio era già stato effettuato. Analogamente, in caso di richiesta di restituzione del deposito cauzionale, diventa fondamentale mostrare le ricevute di pagamento e le spese eventualmente detratte (pulizia finale, manutenzione straordinaria) per giustificare un eventuale importo trattenuto. Perciò, ogni volta che si riceve una nuova ricevuta, è opportuno inserirla nel fascicolo insieme al contratto, alle comunicazioni con l’amministratore di condominio (se coinvolto), ai documenti del deposito cauzionale e alle eventuali note spese, in modo da avere un unico archivio completo di tutto ciò che riguarda il rapporto di locazione.
Tempistiche di archiviazione consigliate
Sulla base dei termini di prescrizione legali e delle esigenze fiscali, la prassi suggerisce di conservare le ricevute di pagamento dell’affitto per almeno dieci anni dal momento del pagamento. Questo arco temporale copre il termine di prescrizione per il recupero di crediti e la decadenza per le verifiche fiscali più gravose. Se poi si tratta di contratti a canone concordato con agevolazioni fiscali per il conduttore, quest’ultimo dovrebbe mantenere i documenti almeno fino allo scadere del quinquennio successivo alla dichiarazione dei redditi in cui ha fruito delle detrazioni. In definitiva, un conduttore o un locatore che non vuole rischiare nulla dovrebbe tenere ogni documento, comprese le ricevute, fino a dieci anni dalla data dell’ultima ricevuta utile, e poi valutare se scansionare e archiviare digitalmente un backup, lasciando poi la copia cartacea nel caso di documenti particolarmente rilevanti (appartenenza a contratti con penali specifiche, corrispondenza con l’amministratore alle verifiche condominiali).
Procedure di smaltimento ordinato a termine
Trascorsi i dieci anni, le ricevute di affitto non sono più utili né per fini legali né per motivi fiscali, a meno di contenziosi eccezionali (ad esempio, sequestri conservativi dovuti a un’ingiunzione giudiziaria successiva). A quel punto possono essere ammesse alla distruzione, ma è consigliabile farlo con metodo: se si è in possesso di molte pagine di carte (interi faldoni), è preferibile avvalersi di un servizio di distruzione certificata, che rilascerà un attestato di avvenuto smaltimento, necessario per dimostrare eventuali controlli successivi o per giustificare la distruzione in caso di contestazioni tardive. Se si opta per distruggere autonomamente i documenti, è bene utilizzare un trituratore a taglio incrociato che riduca la carta in micro-frammenti, impedendo il recupero di dati sensibili. Prima di passare tutto allo smaltitore, è buona norma consultare il proprio commercialista o l’amministratore di condominio per verificare che non vi siano pendenze pendenti o richieste di documentazione che potrebbero rendere necessaria la conservazione ulteriore di alcune ricevute. Una volta accertato che nessuno richiederà più quei documenti, si procede alla distruzione in sicurezza, segnata da una data certa, così da poter comunicare l’avvenuto smaltimento in caso di necessità future.
Conclusioni
Conservare le ricevute di pagamento dell’affitto per un periodo di almeno dieci anni risponde alle esigenze sia legali sia fiscali di tutti gli attori coinvolti nel contratto di locazione. Questo lasso di tempo copre il termine di prescrizione per eventuali azioni di recupero del credito e le scadenze entro cui l’Agenzia delle Entrate può avviare un accertamento. Affiancare le ricevute al contratto di locazione, alla corrispondenza con l’amministratore e alle quietanze di deposito cauzionale consente di avere un archivio completo, utile in caso di controversie o richieste di verifica. Utilizzare sistemi di archiviazione cartacea organizzati, abbinati a un backup digitale, permette di preservare l’integrità dei documenti e riduce il rischio di smarrimenti. Infine, quando il termine di conservazione è scaduto, si può procedere alla distruzione controllata dei documenti, avendo cura di verificare l’assenza di obblighi pendenti. In questo modo si gestisce in maniera responsabile e trasparente un aspetto essenziale della vita condominiale e contrattuale, garantendo la massima tutela per le parti coinvolte.